Forcella

Forcella : S. Agrippino a Forcella,  il Cippo, Convento di S. Arcangelo a Baiano e lo Spumone del Polo Nord


Forcella è un quartiere del centro storico di Napoli a ridosso di Via Duomo e Corso Umberto I. Oggi purtroppo il nome del quartiere è legato alla criminalità e camorra pur essendo ricco di storia e di origine molto antica .  Il suo nome risale alla presenza in passato nel quartiere, di una Scuola Pitagorica il cui simbolo era la "Y",lettera presente anche nello stemma del Seggio di Forcella. Questa  era un simbolo sacro per la scuola pitagorica perché rappresentava la vita. 



Forcella, Murales di S. Gennaro 






Forcella 


In questo quartiere sono presenti edifici storici molto importanti,tra questi la chiesa di Sant' Agrippino e il convento di S. Arcangelo a Baiano. La chiesa di S. Agrippino si trova in Via Forcella ed ha origini molto antiche. Agrippino della nobile famiglia Sicola, fu vescovo di Napoli nel II secolo e per i suoi numerosi miracoli fu proclamato primo santo patrono della città. L'antica chiesa sorse a Forcella, contrada natia del santo,dove si trovava la sua casa oratorio.  Viene già ricordata tra la fine del IX e l'inizio del X secolo con questo nome. Nel XIII secolo 14 nobili del Sedile di Forcella ampliarono questo oratorio e vi costruirono la chiesa. Forse l'Oratorio originario era orientato da nord sud e aveva l'entrata su Via Forcella. Quando poi fu trasformato in chiesa, la direzione fu cambiata e l'entrata su Via Forcella divenne la porta piccola e ad ovest fu aperto il nuovo ingresso, sull'attuale via S. Agostino alla Zecca. Agli inizi del XIV secolo furono costruiti l'abside e il coro e per tale motivo fu abbattuto l'antico portico del Sedile di Forcella. Nel 1476 furono eseguiti dei restauri grazie alle donazioni di alcune famiglie aristocratiche e vi  fu aggiunto un portale in marmo attribuito ad Antonio da Chelino, allievo del Donatello. Nel 1615 gli Estauritani di S. Agrippino per compiacere la moglie del duca di Lemos l'allora viceré di Napoli, concessero la chiesa ai monaci di San Basilio. Successivamente la chiesa subì una radicale trasformazione ad opera dell'architetto Nicola Tagliacozzi Canale. L'impianto attuale della chiesa risale al periodo medievale ma altre fonti sostengono che questa sia molto più antica e risalga al V secolo. 


Chiesa di S.Agrippino





Fu aperta al culto tra il 1265 e il 1266 da Clemente IV. A navata unica, al suo interno sono conservati elementi di arte gotica, in particolare nella zona dell'abside. Il resto è frutto dei rimaneggiamenti in stile barocco da parte del Tagliacozzi Canale nel 1758. Tra questi sono da citare la sopraelevazione del pavimento e la decorazione a stucco della navata. La facciata(in via S. Agostino alla Zecca) della chiesa è semplice, in tufo e piperno ed è ornata da un bassorilievo che costituisce uno dei rari esempi del gusto rinascimentale a Napoli. L'apertura del portale,realizzato nel 1476 dal Chelino, è incorniciata da modanature multiple lisce ed intagliate a palme e file di palmette allineate. Ai lati due lesene corinzie ornate con decorazioni a "candelabra". Le lesene reggono un fregio rettilineo e nella parte superiore un arco a tutto sesto rialzato. Il fregio è ornato da putti con gli stemmi del Seggio di Forcell , al centro tra ghirlande di frutta e sottili nastri, si trova lo stemma di Ferrante d'Aragona. In questo portale si inserivano i battenti lignei in essenza di noce, ora conservati all'interno della chiesa. I battenti sono costituiti da due ante con riquadri ad intaglio anch' essi  risalenti al 1476 ed attribuiti a Jacopo Pila. Qui sono presenti i sette patroni di Napoli : Agrippino, Gennaro, Aspreno, Severo, Atanasio, Eufebio e S. Agnello Martire. In due corone di alloro si notano gli stemmi del Seggio di Forcella.








Chiesa di S. Aspreno, interno 


Chiesa di S. Agrippino, portale d'ingresso 

 


Proseguendo su Via Forcella si arriva a Piazza Calenda. Qui si  notano alcuni resti della cinta muraria di epoca greca dell'antica Neapolis ritrovati, forse appartenenti alla Porta Herculanensis successivamente chiamata Porta Furcilla o Furcellanensis. I resti sono protetti da una ringhiera e sono noti come il "Cippo a Forcella", venuti alla luce durante i lavori del Risanamento,quando fu sventrata la parte bassa del quartiere per costruire Via Pietro Colletta e la piazza che collegava il nuovo corso alla chiesa dell' Egiziaca a Forcella. Proprio per l'antichità di queste rovine a Napoli si è diffusa l'espressione "Si ricorda il Cippo a Forcella" per indicare qualcosa di molto antico o fuori moda. 


Cippo a Forcella 



Proseguendo per Via Salvatore Trinchese si arriva in Piazzetta S. Arcangelo a Baiano dove un tempo si trovava l'omonimo convento. 

Il monastero e la chiesa di Sant'Arcangelo a Baiano furono fondati nel VI secolo da monaci basiliani sui resti di un sacello pagano dedicato a Ercole. Il monastero fu dedicato a Sant'Arcangelo e Pietro. Nel 593 d.c. un abate di nome Teodosio pensò, a seguito di alcune donazioni fatte al monastero da parte di una ricca e potente famiglia napoletana, i Baiani appartenente al Seggio della Montagna e residenti in loco, di aggiungere il termine a Baiano, in omaggio al casato. Altri invece sostengono che il termine a Baiano sia dovuto alla presenza di una colonia di abitanti di Baia. Nel XIII secolo il monastero fu rifatto su commissione e  volere di Carlo I d' Angiò, per celebrare la sua vittoria sugli Svevi, nella battaglia di Tagliacozzo, il 23 agosto 1268. Il monastero ebbe molte donazioni da parte degli Angioini e rappresentó la prima struttura edificata da questi in città . Esso fu dato in gestione all' ordine dei benedettini, il re fece dono al convento delle reliquie di San Giovanni Battista. Al suo interno potevano entrare solo giovani donne appartenenti all'aristocrazia napoletana, era  infatti costume che tutte le secondogenite dovessero ritirarsi in convento e prendere i voti. 





Convento di S. Arcangelo a Baiano 




Spesso però queste giovani erano costrette dalle loro famiglie a prendere i voti contro la loro volontà, così data la loro poca predisposizione alla vita monastica, si organizzavano a loro modo un' esistenza di piaceri. Spesso di notte in questo edificio avvenivano fatti strani e scandalosi, alcune suore di questo convento incontravano i loro amanti e ivi praticavano orge, messe nere e riti esoterici. Nel 1540 un gruppo di giovani aristocratiche napoletane furono costrette dalle loro famiglie a chiudersi in questo monastero queste erano: Agata Arcamone, Chiara Frezzi, Laura Sanfelice e Giulia Caracciolo. 


Le suore di S. Arcangelo a Baiano 




Queste avevano già conosciuto la vita mondana e non contente della clausura, continuarono le loro passioni amorose all' interno delle mura del convento. Le quattro donne e un' altra suora Laura Pignatelli, furono scoperte in compagnia dei loro amanti e furono accusate di aver avuto tresche amorose con nobiluomini. Questo fu un episodio molto significativo perché scatenò la rabbia delle novizie che si accusavano tra loro di fare spia alla badessa. Tra Giulia Caracciolo e Agata Arcamone nacque un' amicizia che suscitò l' invidia delle altre suore, queste misero in giro voci che tra loro ci fosse una relazione intima, in particolare qurste voci furono messe in giro da Chiara Frezzi e dalla badessa. 

Giulia molto scossa da queste dicerie decise di far uccidere gli amanti di queste due donne da alcuni sicari. Una sera mentre i due amanti delle donne si apprestavano ad entrare nel convento, furono uccisi  sotto gli occhi delle due donne. Poco dopo la badessa e due suore furono avvelenate e scomparvero anche alcuni nobiluomini. Questo avvenimenti non passarono inosservati. Tutto ciò creò un gran clamore in città e fu nominato dal cardinale un ispettore che indagasse su questi fatti. 





Per il ruolo di ispettore fu scelto un religioso dell' ordine dei Teatini, Andrea da Avellino che decise di chiudere il convento nel 1577 trasferendo le suore ritenute innocenti nel convento di San Gregorio Armeno. L' edificio fu abbandonato allo stato "laico", le motivazioni furono svariate e tutte usate per nascondere la verità. Tra queste la presenza su questo terreno di un antico luogo di culto pagano o la vicina presenza di un corso d' acqua usato  per particolari e misteriosi riti propiziatori della fecondità. Don Pietro Carafa, allora cardinale di Napoli, decise di punire in modo esemplare le ragazze ritenute colpevoli costringendole a bere della cicuta, Giulia Caracciolo fu condannata all'ergastolo. Sorsero varie voci su questo luogo come apparizioni di fantasmi e ombre vaganti, tra cui anche il fantasma di Agata Arcamone che in alcune ore della notte si dice passeggi tra le mura del convento. Nel 1645 il monastero ritornò a vivere per qualche tempo grazie ai Padri della Mercede che tornarono in possesso della struttura. Questi ricostruirono il convento e la chiesa ma nel Decennio Francese furono cacciati. Il monastero rimase disabitato. La chiesa, che aveva una pianta circolare con cappelle laterali, fu chiusa al culto. Il monastero è un esempio di architettura catalana del ' 400 con portale impostato in una facciata senza decorazioni, all'interno della chiesa vi erano dipinti di Antonio Fumo di cui alcuni rubati e  altri trasferiti in altre sedi. 



 Quartiere della pizza per antonomasia, alcune tra le più antiche pizzerie napoletane si trovano proprio qui, ma altra pregevolezza tipica del quartiere è: il gelato.


Difatti, proprio a due passi dal famoso "cippo" c'è la più famosa gelateria storica di Napoli: la gelateria "Al Polo Nord".  



Gelateria al Polo Nord 1931 una storia iniziata negli anni trenta e tramandata di padre in figlio. La prima gelateria della città, si trova affianco di altre attività storiche di questa città come la pizzeria Trianon e la pizzeria Da Michele templi indiscussi della vera pizza napoletana.


La Gelateria al Polo Nord 1931 entra nel cuore e nelle tradizioni dei napoletani intorno agli anni quaranta con un dolce divenuto poi una specialità: lo Spumone. Ancora oggi il nome di questo dolce viene legato alla gelateria. Capita spesso per cui di sentire, in particolare fra i più anziani, parlare dello Spumone come “O Spumone do Polo Nord”






Gelateria Polo Nord



Gelateria Polo Nord 


Un gelato gustoso e cremoso, difficilmente imitabile e preparato ancora con le tecniche di lavorazione più tradizionali, in barba alle innovazioni dell'industria moderna che tendono a omologare tutto. Un gelato artigianale e tradizionale che ancora oggi richiama fiumi di persone che non possono perdersi questa prelibatezza, simbolo della Napoli artigiana e culinaria.