La Chiesa di S. Antonio Abate

Il borgo di S. Antonio Abate  e la chiesa 


Il borgo di S. Antonio Abate è una zona di Napoli, nota per il suo mercato, che unisce Porta Capuana e Piazza Carlo III. Questo borgo s poteva vedere già nella Pianta Baratta (1629) si vedeva questa zona. Il Borgo di S. Antonio è attraversato da una strada ad andamento sinusoidale, l'attuale Vico Lungo a S. Antonio Abate che gli studiosi fanno corrispondere ad un canale di acqua piovana affluente dei Colli della zona detta del Campo di Marte (attualmente San Carlo all'Arena e la zona di Poggioreale) che a sua volta sarebbe stato influente sul canalone di acqua proveniente dai Vergini, divenuta poi strada carrozzabile. All'ingresso del Borgo (lato Piazza Carlo III) si trova la chiesa di S. Antonio Abate. Sull'origine di questa chiesa si conosce pochissimo. Nel 1905 Benedetto Croce, notó questa scarsità di notizie e inviò un cronista nella chiesa per descriverne più dettagliatamente le opere che vi erano all' interno. Oltre a questa testimonianza, poche sono le fonti a disposizione, un diploma del marzo 1313, un breve del Papa Pio IX, un accenno della Guida Sacra del Galante e due litografie, di cui una colori del 1890 e l'altra del pittore francese Remond (XVIII secolo). 


Borgo di S. Antonio Abate 


Litografia di Remand XVIII secolo raffigurante il Borgo di S. Antonio 


La leggenda narra che la chiesa, situata all'ingresso del Borgo, sia stata fondata da Giovanna I d'Angió, tuttavia un diploma di Roberto d'Angiò dimostra che già nel marzo del 1313 c' erano la chiesa, l'ospedale e che qui venivano curate le persone che avevano il morbo detto "Fuoco Sacro" o "Fuoco di S. Antonio" con un prodotto ricavato dal grasso di maiale. Forse il complesso originario risaliva alla fine del XIII secolo ma fu ampliato e in alcune parti ricostruito nell'ambito del programma di edilizia religiosa voluto da Giovanna I d`Angió nel 1370. Verso la fine del 300,il complesso aveva già la chiesa, l'ospedale e il convento ed era tenuto dai monaci antoniani che preparavano l'unguento per curare il Fuoco di S. Antonio. Per tale motivo, tra i napoletani si diffuse l'usanza di allevare maialini per poi donarli al monastero. L'ordine antoniano fu abolito dagli Aragonesi agli inizi del 400,poiché ritenevano che i monaci fossero troppo legati agli Angió. L'usanza continuó ad esserci fino al 1665,quando durante una  processione, un maialino si intrufoló tra le gambe di un vescovo, che infuriato dichiarò illegale l'allevamento cittadino dei maiali. Un primo rimaneggiamento fu fatto nel 1370 e poi nel XVII secolo che ha cancellato parte della struttura originaria. Per volere del cardinale Antonio Sersale la struttura religiosa fu rimodernata nel 1769. In origine il complesso aveva quattro stabili: la chiesa, il convento, l'ospedale e la torre con il campanile, un cortile e una vigna che si estendeva per tutto il circondario. L'aumento dell' urbanizzazione portò un profondo cambiamento della zona tra S. Carlo all'Arena e Via Foria e l'Arenaccia. La vecchia strada detta "Del Campo" che univa Piazza Carlo III con l stazione fu rifatta con il Risanamento, portando così grossi cambiamenti al Borgo. 



Chiesa di S. Antonio Abate 


Interno della chiesa di S. Antonio Abate 


La facciata principale risale al 1769,quando il cardinale Sersale la fece costruire coprendo quella originale in stile gotico. A destra si notano i resti dell'antico portale a sesto acuto ora murato che era l'ingresso originario del convento. Nella lunetta si trovava un affresco del 700 con la Vergine e il Bambino tra due Santi. Sulla parte frontale della facciata vi è una lapide dove c'è lo stemma, in oro e azzurro, del cardinale Sersale. 


Madonna con Bambino del XIV a sinistra dell'ingresso della chiesa 


Madonna delle Grazie con Bambino XIV secolo, parete destra dell'ingresso 


Il portale di accesso alla chiesa è in marmo bianco, gli stipiti sostengono un' architrave su cui si forma una lunetta a sesto acuto. L' interno di questa è in oro bianco ma in un disegno del Maresca del 1900 circa, si vede un affresco della fine del 600 con S. Antonio Abate infatti di benedire. L'interno della chiesa è a navata unica con soffitto a cassettoni. Della struttura angioina ci sono ancora, sotto gli stucchi, gli archi delle cappelle, dello stesso periodo sono i due frammenti di affreschi, sul primo pilastro sinistro e su quello destro sono raffigurati rispettivamente la Crocifissione di S. Antonio Abate e la Madonna delle Grazie con il Bambino. Altre opere del periodo angioino sono le due sculture vicine allo stile dei fratelli Bertini, San Baculo in abito di pellegrino che secondo alcuni potrebbe trattarsi di Santiago de Compostela data la presenza delle conchiglie sul fianco e l'altra S. Antonio Abate affiancato dal verro. 



Portale centrale del secolo XIV, particolare dei battenti


Sul lato destro si trova una fonte battesimale del 500 in marmo bianco con al centro un bassorilievo con S. Antonio con il verro. Al centro del soffitto era posto un dipinto di Domenico Viola con la Glorificazione di S. Antonio, il dipinto è scomparso nel 1945. Un affresco, restaurato nel 2008,è visibile nella cappella del Santissimo in cui è raffigurata la Deposizione di Cristo con S. Antonio. Dietro l'altare maggiore ci sono due porte, quella di destra è murata, la sinistra porta alle celle superiori e alle cappelle inferiori e forse da qui si accedeva alla cripta. Qui si trovava un trittico dipinto su tavola in legno, non presente nella chiesa ma al Museo di Capodimonte. 



Trittico della chiesa di S. Antonio Abate, Museo di Capodimonte 


Qui è raffigurato S. Antonio che benedice mentre ha nella mano sinistra un libro aperto poggiato su un ginocchio, l'opera fu eseguita tra il 1270 e il 1370 e ora è stata sostituita con una copia in cartone. A destra e a sinistra si trovano gli altri due pezzi anch'  essi sostituiti con delle copie. In ognuna di esse sono raffigurati due santi, nel pannello di destra si trova Ludovico d'Angió, vescovo di Tolosa e nell'altro San Giovanni Evangelista. La chiesa costruita per volere di Roberto D’Angiò nel XIV secolo e rimaneggiata in epoca barocca dopo un incendio, attirò subito molti fedeli quando il cavallo di bronzo fu distrutto. Il popolo infatti per guarire i cavalli malati celebrava intorno alla chiesa un rito uguale a quello che si svolgeva intorno alla statua, forse scolpita da Virgilio. In passato gli animali erano ornati di ghirlande e fiori e collane di tarallini, oggi trasformati in biscotti ricoperti di glassa bianca, venduti davanti alla chiesa il 17 gennaio, giorno della festa del santo. In questo stesso giorno venivano portati gli animali sul sagrato della chiesa per essere benedetti. Ma nella raffigurazione del santo questi ha accanto il maiale che rappresenta tutti gli animali . Il potere terapeutico attribuito al santo è legato al maiale, i monaci di questo monastero curavano con il grasso di maiale, gli ammalati di Herpes Zoster ovvero il Fuoco di S. Antonio,infatti un altro simbolo ricorrente del santo è il fuoco. Secondo una credenza popolare il santo avrebbe lottato contro il diavolo che lo tentó mentre era nel 

deserto, assumendo le sembianze di un maiale. 


S. Antonio Abate 


I napoletani furono affascinati da questa leggenda, iniziando così ad allevare maiali per strada, in particolare quelli dal manto maculato e con le macchie che ricordavano la lettera "tau" che venivano infiocchettati e offerti il 17 gennaio ai monaci. In questo giorno venivano fatti dei grandi fuochi per distruggere il male, dopo aver portato in processione la statua del santo trainata da un cavallo bianco. Oggi si accende ancora questo grande fuoco ma la statua del santo non viene più trainata dal cavallo bianco. Dal 1665 fu abolito l'allevamento dei maiali in città ma i monaci che sostituirono quelli antoniani, ogni 17 gennaio offrivano ai fedeli un pezzetto di grasso di maiale in una immaginetta del santo piegata a forma di cono.


La benedizione degli animali fuori la chiesa di S. Antonio Abate 


I cavalieri di S. Antonio appartenevano ad un ordine ecclesiastico e ospedaliero, fondato nella regione francese del Dauphiné nel 1095. Furono chiamati a Napoli dagli Angió e furono cacciati dagli Aragonesi nel XV secolo. Indossavano una tunica bianca, il cui segno distintivo era il drappo blu che firmava la lettera "tau", ultima lettera dell'alfabeto ebraico (detta croce di S. Antonio). Questi nobili laici avevano come compito quello di assistere i malati. Non è escluso che alcuni Templari, dopo la soppressione del loro ordine si siano riconvertiti in monaci di S. Antonio. A Napoli nell'ospedale che è di fronte la chiesa, venivano curati i feriti provenienti dalla Terra Santa, tra cui c'erano dei cavalieri templari che secondo gli anziani del quartiere, avrebbero lasciato traccia del loro passaggio nelle gallerie sotterranee che attraversavano il Borgo. Sarebbero stati i cavalieri Templari a svelare il segreto dell' unguento miracoloso ai monaci. La devozione dei napoletani per questo santo, a cui è dedicata la prima festività invernale, era la processione in suo onore che durava dieci giorni. Si iniziava il 6 di gennaio e finiva il 16. Il primo giorno si andava a prendere dal duomo la statua in argento del santo e veniva trainata da un cavallo bianco. La processione passava per tutti i quartieri della città. Alla sera la statua del santo era messa al riparo nella prima chiesa che incontrava durante il suo percorso. La sera del 16 gennaio la statua era portata nella chiesa di S. Antonio Abate dove era esposta fino al giorno dopo. Durante questo ultimo tragitto la popolazione buttava gli oggetti vecchi di legno perché fossero bruciati nel grande falò e il 17 c'era la benedizione degli animali. Al santo, che secondo la leggenda guarì un maialino moribondo,si attribuì il potere di guarire tutti gli animali. Fino a prima della seconda guerra mondiale in tutto il sud, c'era il rituale di far girare gli animali intorno ad una chiesa dedicata al santo, descrivendo un cerchio per tre volte, entrambi simboli magici. 


Maria Grazia Pirozzi 


Carlo Celano, G. B. Chiarini, Notizie del bello, dell'antico e del curioso. Edizioni dell'anticaglia, Napoli 200


Armando Teminio,  Napoli Sacra. Guida alle chiese della città. Elio de Rosa Editore, Napoli 2010 


Valerio Ceva Grimaldi, Maria Franchini, Napoli insolita e segreta. Sagrafic 2014