La Cappella Sansevero

La Cappella Sansevero e i suoi simboli nascosti


Le origini della Cappella Sansevero sono legate ad un episodio leggendario. Cesare d'Engenio Caracciolo narra nella sua Napoli Sacra del 1623 che intorno al 1590 un uomo innocente, trascinato in catene che stava per essere portato in carcere, passó davanti al giardino del  palazzo dei Sangro in Piazza San Domenico e vide crollare una parte del muro di cinta del giardino e gli apparve l'immagine della Madonna. Egli promise alla Vergine che se fosse stata riconosciuta la sua innocenza gli avrebbe donato una lampada di argento e un'iscrizione. L'uomo fu scarcerato e mantenne la sua promessa da allora l'immagine della Madonna divenne meta di pellegrinaggi. Poco dopo Giovan Francesco di Sangro che era molto malato si rivolse a questa Madonna per avere la guarigione. Fu miracolato e per gratitudine fece erigere, nel punto dove apparve la Madonna, una piccola cappella chiamata Santa Maria della Pietà o Pietatella. Fu il figlio Alessandro che nel 600 iniziò i grandi lavori di trasformazione e ampliamento, modificando l' originario sacello e trasformandolo in un vero e proprio santuario destinato ad ospitare le tombe di famiglia. Dell'aspetto seicentesco sono rimaste inalterate solo le dimensioni perimetrali, l'architettura d'insieme e le decorazioni policrome dell'abside. Si vedono ancora quattro mausolei nelle cappellette laterali mentre gli altri sono stati rimossi. L'aspetto attuale della cappella e quasi tutte le opere presenti in esse sono frutto della volontà del principe Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero che dal 1744 riorganizzó la cappella secondo i suoi criteri personali. 




Cappella Sansevero


La cappella fu abbellita da Raimondo di Sangro con una grande collezione di statue consacrate alla Madre di Dio. All'interno, oltre all'ortodossia religiosa è possibile trovare vari simboli dell' eretismo ermetico che caratterizzò il pensiero di Raimondo di Sangro, uno dei fondatori della massoneria napoletana e noto alchimista. Sul lato destro della cappella si trova la statua del Decoro :il giovane porta sulle spalle la pelle di leone (allegoria di Ercole) che simboleggia la forza, il potere mentale. Di fronte l'Amore Divino , dal cuore in fiamme simbolo del potere dello Spirito e del cuore che permette di raggiungere il potere alchemico e la divinità incarnata dalla Madre divina patrona degli alchimisti. 



Interno della Cappella Sansevero 


Un po' più lontano c'è la Liberalità , le monete e il compasso rappresentano rispettivamente la Monade, lo spirito dell'uomo, e il cerchio d'azione della divina volontà in cui essa si manifesta. Di fronte a questa si trova l' Educazione , intenta ad insegnare ai ragazzi, ai neofiti, le basi dell'ermetismo, come il rispetto della libertà di pensiero e di spirito del nostro prossimo,con il decoro e l'amore al servizio della saggezza divina, rappresentata dalla Vergine. Questi principi sono rafforzati dalla presenza di altre due statue, la Sincerità e la Soavità  del giogo coniugale , lo Zelo della religione e il Dominio di sé stessi. Chi non ha queste qualità fallirà nell'iniziazione che il simbolismo dell'opera evoca. La Sincerità è raffigurata con un caduceo nella mano destra e un cuore in quella sinistra, questa esprime l'introspezione spirituale, la richiesta di illuminazione ermetica con cui l'iniziato cerca di unirsi al Dio interiore, in un atto di sincerità assoluta. 



Particolare della Cappella Sansevero con il Cristo Velato


Statua dell'Educazione 

nella Cappella Sansevero 

Statua della Sincerità della Cappella Sansevero 


La Soavità del giogo coniugale è raffigurata con un casco in testa e un giogo in mano, significa che delicatamente ma con fermezza, bisogna trasformare gradualmente la vita-energia in vita-coscienza nel giogo concreta della vita. Lo Zelo della religione ha nelle mani una torcia che evoca le conoscenze acquisita e il dovere di difendere senza confonderle con elementi estranei ma riportandone la libertà di pensiero conforne al libero arbitrio. Il Dominio di sé stessi rappresenta una delle più grandi battaglie che l'uomo possa sostenere, infatti è raffigurato come un guerriero con un leone incatenato ai suoi piedi e una torcia capovolta, l'amore che proviene dal  leone donato. Questo rappresenta l'allegoria del trionfo dell'amore e della saggezza sulla forza bruta avendo così il passaggio dal profano all'iniziato all'Ermetismo. L'abbandono della vita ordinaria per una esistenza spirituale viene raffigurata con la statua del Disinganno . Si vede un uomo che libera che si libera da una rete con l'aiuto di un genio alato(allegoria dello spirito divino). Questo è rappresentato a sua volta sul basamento della scultura da una bassorilievo di Cristo che restituisce la vista ad un cieco, donando così la luce della verità a quelli che vivono nelle tenebre dell'ignoranza che è la più grande cecità. Infine l' Umiltà che concentra tutta la saggezza iniziatica di cui la luce è ricercata dal neofita desideroso di diventare Illuminato. 



Il Dominio di sé stessi statua della Cappella Sansevero 


Particolare della volta della Cappella Sansevero 


L'Educazione statua della Cappella Sansevero 


Alcune statue della cappella hanno anche dei medaglioni che ritraggono personaggi associati alle allegorie raffigurate. Quelli della moglie di Raimondo di Sangro, Carlotta Gaetani e della nuora sono senza volto, perché all'epoca portava sfortuna raffigurare una persona ancora viva. La statua del Disinganno è stato interpretato nel XVIII secolo anche come riferimento all'iniziazione massonica, l'adepto arriva alla cerimonia di iniziazione ci gli occhi bendati, suonava alla porta della loggia dicendo di essere un cieco che desiderava rivedere la luce. Una volta accolto, gli veniva tolta la benda, secondo il rito doveva avere anche una spalla scoperta, come il personaggio raffigurato nella scultura. 


Posto al di sopra dell’ingresso principale della Cappella Sansevero, il Monumento a Cecco di Sangro fu ideato e compiuto dall’artista napoletano Francesco Celebrano, anche se già Queirolo ne aveva precedentemente realizzato un modello in creta.


Il deposito marmoreo è un unicum nel contesto iconografico del tempio: esso, infatti, rappresenta un evento storico realmente accaduto. Raimondo di Sangro volle magnificare l’illustre antenato, comandante agli ordini di Filippo II, immortalandone l’impresa bellica più famosa: Cecco è ritratto nell’atto di uscir fuori da una cassa nella quale era rimasto nascosto per due giorni, stratagemma grazie al quale colse di sorpresa e sgominò i nemici, impadronendosi della rocca di Amiens. L’episodio, avvenuto durante una campagna nelle Fiandre, è raccontato dettagliatamente nell’iscrizione commemorativa incisa sulla pelle di leone.


Ai lati due ippogrifi simboleggiano cura e sorveglianza, mentre l’aquila che stringe tra gli artigli un fascio di folgori è attributo di virtù guerriera. Il Monumento a Cecco esprime forse meglio di ogni altro uno dei principali moventi che indussero Raimondo di Sangro a realizzare la Cappella: la celebrazione della propria casata e delle glorie militari della propria ascendenza maschile.


Tuttavia, anche questa singolare opera in marmo è ricca di ulteriori suggestioni. Il guerriero che brandisce la spada, al di sopra della “porta grande”, è stato interpretato come il guardiano del Tempio massonico; inoltre, la presenza di quest’uomo che balza dal sarcofago – uno dei tanti rimandi iconografici all’immortalità presenti nella Cappella Sansevero – è stata probabilmente l’origine di una delle più note leggende riguardanti il principe di Sansevero. Secondo tale leggenda, riportata da Benedetto Croce, in prossimità della morte Raimondo di Sangro si fece tagliare a pezzi e rinchiudere in una bara, donde poi sarebbe dovuto uscire “vivo e sano” a tempo prefissato; ma la famiglia scoperchiò la bara prima del termine previsto, e la “risurrezione” del corpo ricomposto durò solo pochi attimi. La Pudicizia di Antonio Corradini, raffigura Cecilia Gaetano d'Aragona la madre di Raimondo, morta a 20 anni (26 dicembre 1710),quando il principe aveva solo 11 mesi:la lastra di marmo spaccata simboleggia la vita interrotta. Secondo la traduzione l'opera è posta nello stesso punto in cui la Neapolis greca sorgeva, la statua della divinità delle scienze iniziatiche Iside(velata) a cui la scultura fa riferimento. 


Monumento di Cecco de Sangro nella Cappella Sansevero


La Pudicizia nella Cappella Sansevero 


In questa cappella si trova la famosa statua del Cristo Velato, eseguita da Giuseppe Sannmartino nel 1753, la statua è stata ricavata da un unico blocco di marmo ed è considerata un grande capolavoro della scultura del XVIII secolo. Si narra che Raimondo di Sangro, committente dell'opera e noto alchimista fosse un grado di pietrificare il tessuto e che avesse insegnato allo scultore come trasformare il tessuto in cristalli di marmo. Questa leggenda è legata ad un significato più profondo, non di sudario ma di sudore che ha origine in prossimità del calore del fuoco mistico interiore. Il legame tra il sudore e la pietrificazione è inteso così: il fuoco interiore è tanto forte da causare la sudorazione del corpo i cui cristalli si pietrificano o calcificano. Gli antichi alchimisti spiegavano questo con un episodio della Bibbia in cui la moglie di Lot, scappando da Sodoma, si giró per vedere la città in fiamme, non ubbedendo all'ordine di Dio e fu trasformata in una statua di sale. Proprio da Sodoma, o Sod, nasce la parola "sudore", la cui conseguenza è la pietrificazione (della materia o del corpo). Il bagno di vapore utilizzate per far aumentare il calore mistico per il quale la traspirazione ha a volte un valore "creativo". Forse il bagno di vapore e il sudore avevano nelle antiche civiltà classiche un'origine sacrificale. Il fedele offriva il sudore alla divinità solare, gesto purificatore e misericordioso. Questo gli permetteva di penetrare il mondo materiale e gli dava coscienza immediata del mondo invisibile per farlo rinascere, facendolo uscire dal torpore dei sensi attraverso un risveglio spirituale, così come Cristo o un essere Illuminato si liberano dai vincoli della carne e dalla legge della morte. 



Cristo Velato 


Intorno a Raimondo di Sangro esistono varie leggende che fosse la reincarnazione del mago salernitano Pietro Barliario che fece il patto con il diavolo divenendo un diavolo anche egli. Il principe di Sansevero riuniva alle arti diaboliche anche capricci da tiranno. Fece uccidere due dei suoi servi e ne mufficó i corpi in modo che mostrassero nel loro interno tutti gli organi, le arterie e li conservò in un armadio, oggi conservati nella sagrestia della cappella Sansevero. Si narra che uccise sette cardinali e dalle loro ossa ricavó delle sedie ricoprendole con la loro pelle, all'artista che scolpì il Cristo Velato, Giuseppe Sannmartino, fece cavare gli occhi affinché non eseguisse più lavori di così straordinaria bellezza. Quando stava per morire si narra che si fece tagliare a pezzi da un suo servo che sistemò i pezzi in una cassa da dove poi sarebbe uscito fuori vivo e integro in tempo prefisso. Ma la famiglia cercò la cassa e la aprì prima del tempo mentre i pezzi del corpo si stavano ancora saldando tra loro e si narra che il principe mentre stava per rialzarsi ricadde subito gettando un urlo di dannato. 


Maria Grazia Pirozzi 


Benedetto Croce a cura di Giuseppe Galasso, Storie e leggende napoletane. Adelphi Edizioni Milano, 1990


Roberto Middione In Napoli Sacra. Guida alle chiese della città. Elio de Rosa Editore 2010 pp300-309


Valerio Ceva Grimaldi, Maria Franchini, Napoli insolita e segreta. Sagrafic 2014