Pizzofalcone

Pizzofalcone: Chiesa di Santa Maria degli Angeli, Palazzo Carafa della Spina 



La collina di Pizzofalcone è conosciuta come Monte di Dio,si trova nel. Quartiere San Ferdinando tra il Borgo di Santa Lucia, il Chiatamone e Chiaia. Il suo nome risale alla metà del 1200, quando Carlo I d'Angiò decise di praticare in questa zona la caccia al falcone facendo costruire una falconiera. Il nome Monte d Dio deriva invece dalla chiesa e monastero omonimi, fondati nel XVI secolo che si trovava alla fine di Via Monte di Dio e oggi non più esistenti. 

In questa zona nacque Palepoli (città vecchia)  alla fine dell'VIII secolo che includeva il territorio tra l'isolotto di Megaride e la collina di Pizzofalcone. 


La collina di Pizzofalcone 



La collina di Pizzofalcone nella Veduta Lafrery del 1566


In epoca romana l'area faceva parte della Villa di Licinio Lucullo, all'apice della collina, nel sito archeologico di Monte Echia, si trovano alcuni  resti di questa villa. Dopo la caduta dell'Impero Romano.d' Occidente, a partire dalla fine del V secolo, Pizzofalcone fu occupato da una comunità di monaci basiliani che nel VII secolo adottarono la regola di San Benedetto. Nel 1442 Napoli fu conquistata da Alfonso V d'Aragona, all'epoca la zona era fuori le mura e per affrontare meglio gli attacchi, fu costruito un bastione chiamato Fortalicio di Pizzofalcone. L'urbanizzazione di questa zona ci fu dal 500 quando nel 1509 Andrea Carafa della Spina, conte di Santa Severina, comprò alcuni terreni del monastero di San Pietro e Sebastiano per costruire la sua villa. Si deve a Don Pedro de Toledo l'ampliamento delle mura cittadine che comprendevano anche questa zona. La Basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone è situata nell'omonima piazza. Essa fu edificata nel 1600 grazie alla generosità di Donna Costanza Doria del Carretto e dai Padri Teatini che la officiarono fino al 1808, fin quando non furono espulsi dal Regno di Napoli per la legge della Soppressione dei Conventi durante il Decennio Francese. Il progetto fu del padre teatino Francesco Grimaldi che ne curò la realizzazione fino al compimento (1628). La decorazione pittorica fu affidata a Francesco Maria Caselli che realizzò cinque grandi tele per le pareti della tribuna e transetto. Morto il Caselli gli subentrò nella decorazione ad affresco della cupola e delle volte Giovanni Battista Beinasco. Contemporaneamente 

altri famosi pittori come lo Stanzione, Luca Giordano, De Matteis, Giovan Bernardo Azzolini, decorarono le navate minori e le cappelle laterali. A croce latina con tre navate con transetto e abside quadrate fiancheggiata da due cappelle che risultano inscritte in un rettangolo. Nelle navate minori ci sono quattro ampie cappelle in ciascun lato.




Basilica di Santa Maria degli Angeli 



Interno della Basilica di Santa Maria degli Angeli 


Sulle pareti della tribuna ci sono tre grandi tele dipinte dal Caselli: nella parete di fondo grande composizione di finte architetture con Angeli in cui è inserita la tela attribuita a Paolo Caliari, il Veronese, raffigurante la Madonna degli Angeli. A sinistra l'episodio biblico di Giuditta, a destra un episodio della vita di Ester. Nella volta, l'affresco di Beinaschi con l' Assunzione al Cielo della Vergine, preludio della gloriosa Incoronazione a Regina dei Santi dello stesso autore, nella cupola. Alle pareti del transetto altre due tele del Caselli, a sinistra l'Adorazione dei Magi a destra l'Adorazione dei Pastori entrambi ricordano reminiscenze del Manierismo romano. Nelle volte, gli affreschi di Beinaschi raffiguranti, a sinistra lo Sposalizio della Vergine e a destra la visita ad Elisabetta. Nella navata centrale sempre affreschi dello stesso autore e allievi, nella volta della navata centrale in quattro riquadri l'Immacolata, la Nascita di Maria, l'annuncio dell'Angelo, la Presentazione al Tempio nel quarto riquadro è andata persa durante la seconda guerra mondiale. 

Nelle quinte del volte, tra i finestroni e ai lati di questi, figure di Profeti e Sibille, di Patriarchi e donne dell'Antico Testamento, simboli mariano, Angeli e Arcangeli. La prima cappella di sinistra è dedicata all'Angelo Custode e ha sull'altare la tela di Giovan Bernardo Azzolino, alle pareti laterali statue in stucco del profeta Elia e di San Simone Stok. La seconda cappella è dedicata all' Immacolata e sull' altare una tela dello Stanzione. Gli affreschi raffiguranti episodi di vita mariani, nella volta e cupola della navatella antistante sono di Beltramo. Nella terza cappella dedicata a San Marco, raffigurato con San Gennaro e l'Immacolata nella tela firmata e datata da Lorenzo Giusto (1804).

Oltre il transetto si apre l'oratorio di San Gaetano con la tela d'altare di Luca Giordano e affreschi alle pareti di Beinaschi. Dall'altra parte della tribuna l' oratorio di Sant'Andrea Avellino con la tela d'altare di de Matteis. Andando verso l'uscita, la, quarta cappella molto danneggiata dalla seconda guerra mondiale, conserva una parte dell'antico pavimento a "riggiole impetenate" del 600. La cappella contigua, la terza ha marmi policromi. La tela dell'altare di Bernardino Azzolino, raffigurante la Sacra Famiglia. La seconda cappella è dedicata al beato Paolo Burali di Arezzo, padre teatino e raffigurato nella tela di Piscopo datata 1771. Nella prima cappella un'altra Sacra Famiglia con San Giovannino di Natale Carta, qui si trovano anche le tombe di due principesse di Gerace, attribuite a Tito Angelini. La facciata della basilica è del 1644 e riporta solo approssimativamente i caratteri del progetto originario del Grimaldi. Palazzo Carafa di Santa Severina o della Spina a Pizzofalcone, si trova a Via Egiziaca a Pizzofalcone al civico 44. Il palazzo fu costruito a partire dal 1512 per volontà di Andrea Carafa  della Spina, conte di Santa Severina che nel 1509 comprò i terreni del monastero di San Pietro e Sebastiano per costruire la sua villa. 




Palazzo Carafa della Spina 


Alla morte del conte  nel 1526, il palazzo insieme al suo giardino, fu comprato da Francesco Loffredo e dopo il figlio Ferrante, marchese di Trevico, che fece dei lavori di ampliamento. Il palazzo fu u il primo edificio signorile della zona anche se ben presto l'esempio fu seguito da altre famiglie nobiliari. Nel 1651,il viceré Conte di Onate, comprò per la corte il palazzo per acquartierarvi le sue truppa fino ad allora stanziate nei Quartieri Spagnoli. Nel 1808 ospitò la Biblioteca Militare e l'ufficio Tipografico del Regno delle Due Sicilie. Dopo l'Unità d' Italia divenne Archivio Militare dell' Archivio di Stato. 


Maria Grazia Pirozzi 

Antonio Cirillo 


Luigi Catalani, I palazzi di Napoli. Gaetano Colonnese Editore, Napoli 1969


Donatella Mazzoleni, Tra Castel dell'Ovo e Sant'Elmo. Il percorso delle origini. Electa, Napoli 1995


Renato Ruotolo in Napoli Sacra. Guida alle chiese della città. Elio de Rosa Editore, Napoli 2010 pp 713-717


Italo Ferraro, Napoli Allante della città storica. Vol VII, Oikos Napoli 2010