L'ultima dimora di Giacomo Leopardi

L'ultima dimora di Giacomo Leopardi:Vico del Pero e il mistero della sua morte e sepoltura. 



L'ultima dimora dove Giacomo Leopardi e il suo amico Antonio Ranieri si trasferirono nel 1837 fu Vico del Pero n 2 nel quartiere Stella , una strada che incrocia Via Santa Teresa degli Scalzi con Vico Noce e Vico Cimitile, strada dove vi erano campi e orti, dove il poeta morì il 14 giugno 1837. Dall' ottobre 1833 al giugno 1837 il poeta visse a Napoli cambiando più volte dimora. 




Vico del Pero 


La sua prima abitazione fu in Via San Matteo n 88, in Palazzo Berio nei pressi di Via Toledo, qui il poeta vi abitò fino al 1833. Quando il poeta venne a vivere a Napoli questa era una città di circa 360 mila abitanti e Leopardi ne fu attratto anche se la definì in una lettera scritta al padre "Una città di Lazzari e Pulcinelli, nobili e plebei". 



Palazzo Berio nei pressi di Via Toledo 


Da Via San Mattia si trasferì a Palazzo Cammarota al numero 35 in Via Santa Maria Ognibene nel cuore dei Quartieri Spagnoli dove vi resterà fino al 1835. Si arriva dunque all'ultima dimora del Leopardi però prima di trasferirvi qua il poeta e il Ranieri abitarono qualche mese alla villa dell'avvocato Ferrigno tra Torre del Greco e Torre Annunziata, quella che poi diventerà Villa delle Ginestre dove il poeta compose la poesia La Ginestra. 



Palazzo Cammarota 



Ville delle Ginestre 



L'ombra oscura che avrebbe avvolto gli ultimi momenti di vita di Leopardi sono raccontati nel libro di Loretta Marcon. Il libro ruota intorno al doppio mistero che avvolge sia la morte che la sepoltura di Leopardi. Quale fu la reale causa della morte del poeta? Sul certificato medico si parlava di idropericardia ma non è da escludersi l'ipotesi di colera, la terribile epidemia che in due riprese ci fu in città dall'ottobre 1835 a ottobre 1836. Incerte sono le cause della morte del poeta come incerto il luogo dove fu seppellito. Secondo la versione ufficiale, Ranieri riuscì ad ottenere grazie all' interessamento del ministro della polizia, che le spoglie del poeta non fossero gettate nella fossa comune dei Colerosi ma inumate nella cripta e poi nell'atrio della chiesa di San Vitale a Fuorigrotta. Ma quando anni dopo, il 21 giugno del 1900 fu fatta una ricognizione dei resti nella chiesa furono trovati solo pochi frammenti di ossa ufficialmente attribuite a Leopardi però del teschio non c'era nessuna traccia e la bara era troppo piccola per contenere lo scheletro di un uomo con una doppia gobba. Fu chiaro quindi che la cassa fosse stata manomessa e il cadavere rubato. I presunti resti di Leopardi furono portati nel 1939 nel Parco Virgiliano accanto ad un'altra tomba vuota, quella del poeta Virgilio. Ancora oggi non si può affermare con certezza dove siano le spoglie del poeta. L'ipotesi della Marcon è che Ranieri con la complicità dei Medici, abbia escogitato la farsa della bara vuota per portare egli stesso il corpo del Leopardi agli Incurabili, per studiare i segreti della "sua impareggiabile mente". Del cadavere poi non si è saputo più nulla, forse fu abbandonato nelle Cimitero delle 366 Fosse a Poggioreale


Maria Grazia Pirozzi 




Loretta Marcon, Un giallo a Napoli. La seconda morte di Giacomo Leopardi. Guida, Napoli 2017


Vittorio del Tufo, Sempre caro mi fu quel Vico Pero: Il giallo del sepolcro vuoto. In Il Mattino, 3 giugno 2018