Da San Gregorio Armeno a Santi Severino e Sossio

Dal Monastero di San Gregorio Armeno al Monastero dei Santi Severino e Sossio. 


Il monastero di San Gregorio Armeno sorge lungo via San Gregorio, l'antica strada Nostriana che prendeva il nome dal vescovo Nostriano che nel V secolo fondò in zona il primo ospedale per i poveri ammalati. Secondo una prima tesi la chiesa originaria di San Gregorio fu edficata in quell' insula dove si trovano le rovine del tempio di Cerere attorno al 930. Qui secondo la leggenda ci sarebbe stato il monastero fondato da Flavia Giulia Elena, madre dell' imperatore Costantino e di cui Santa Patrizia sarebbe stata una discendente, infatti all'interno della chiesa vi è il sangue della santa. Secondo altre fonti, con molta probabilità la costruzione originaria risale all' VIII secolo quando un gruppo di monache basiliane seguaci di Santa Patrizia in fuga da Costantinopoli e stabilitosi a Napoli, portarono con loro le reliquie di San Gregorio Armeno e ivi fondarono un monastero. Nel 1009 in epoca normanna il monastero benedettino divenne un'intera insula nel centro antico della città unendo quattro oratori circostanti tra loro i quattro oratori erano: San Sebastiano, San Salvatore, San Gregorio e San Pantaleone, quest' ultimo fu fondato sull'altro lato della strada e in un primo momento era  collegato al complesso monastico di San Gregorio, tramite un cavalcavia soprastante la strada. 



Ingresso del Monastero di San 

Gregorio Armeno



Chiostro del Monastero di San Gregorio Armeno 



. Sin dalle origini il sostentamento del monastero avveniva attraverso donazioni di famiglie nobiliari napoletane poiché tra le ospiti di questo convento vi erano ragazze appartenenti a famiglie nobili come i Pignatelli, Di Sangro, Minutolo e Caracciolo. Il 3 marzo 1443 Ferdinando I d'Aragona ricevette all'interno dell' edificio sia la benedizione per la successione al trono del padre Alfonso V che il conferimento del titolo di duca di Calabria. Dopo il Concilio di Trento, nel 1566 fu stabilito l'obbligo di clausura per le monache di questo convento . Dal 1572 il complesso subì dei cambiamenti profondi nel progetto ad opera di Giovanni Francesco Di Palma detto il Mormando mentre per le fasi esecutive  dei lavori fu incaricato Giovanni Battista Cavagna. Furono ricostruiti tutti i corpi di fabbrica preesistenti e fu realizzata la nuova chiesa defilata rispetto al monastero e nella realizzazione del campanile furono aggiunti due registri superiori. Tra il 1573 e il 1574 furono completati ad opera di Della Monica la gran parte degli spazi di clausura e fu ampliato il monastero grazie all'acquisto di nuovi edifici adiacenti. 




Chiesa di San Gregorio Armeno 



Cupola del monastero di Sa Gregorio Armeno 



Fu demolita la chiesa originaria, più piccola rispetto alla nuova, che si trovava dove è ora il chiostro. Fu creato il portale di ingresso e lo scalone di accesso entrambi in piperno. Tra il 1576 e il 1577 fu completata la cupola in maiolica e il chiostro. Nel 1579 Domenico Fontana eseguí la pavimentazione marmorea all' interno della chiesa. Nel 1606 fu completata la facciata dal Cavagna e l'atrio. Altri lavori si ebbero tra il 1682 e il 1685 eseguiti da Dioniso Lazzari che fece il nuovo refettorio che affacciava sul chiostro. Nel 1745 ci furono altri interventi di restauro che adeguarono la chiesa allo stile rococò con il progetto di Nicola Tagliacozzi Canale. Da qui procedendo per via San Gregorio si arriva San Biagio dei Librai detta Spaccanapoli e proseguendo si giunge ad un altro monastero molto importante, il monastero dei Santi Severino e Sossio. I legami che uniscono questi due monasteri sono vari, innanzitutto entrambi appartenevano all' ordine benedettino e i lavori di costruzione delle chiese sono stati affidati allo stesso artista e inoltre all' interno del monastero dei Santi Severino e Sossio, in quello che era il refettorio, nell' afftresco eseguito da Belisario Corenzio, vi è raffigurata proprio la badessa del monastero di San Gregorio Armeno. La chiesa dei Santi Severino e Sossio fa parte di un grande complesso monastico composto da due chiese e quattro chiostri, appartenuto all' ordine dei benedettini, oggi la  struttura del monastero ospita l' Archivio di Stato. 

Alla fine del V secolo il terreno dove sorgeva  il monastero, fu donato a San Benedetto dal console Anicio Equitio padre di San Mauro, discepolo prediletto di santo . Nellla seconda metà del IX secolo per ordine del vescovo Attanasio II viene fondato un cenobio di 15 monaci che adottarono la regola benedettina, dedicato a Severino Abate Apostolo nel Norico. Il piccolo edificio religioso venne  costruito in Vico San Severino detto Vicus Missi. L'importanza del mononastero crebbe quando il 10 settembre del 902 questo venne scelto come luogo dove trasportare le reliquie di San Severino, custodite fino a poco tempo prima nel Castel dell'Ovo, portate all'interno delle mura cittadine per proteggerle dalle scorrerie dei Saraceni. Nel 904 furono  portate qui anche le reliquie di San Sossio, portate da Miseno e da allora il monastero fu dedicato ai due santi. La nuova chiesa fu eseguita il 12 marzo del 1494 con Alfonso Ii d' Aragona che stanziò 15000 ducati somma poi ridotta a 1620, data la necessità di sovvenzionare la guerra contro il re di Francia Carlo VIII. L ' esecuzione dei lavori fu affidata a Giovanni Donadio detto IL Mormando e dopo la sua morte, avvenuta nel 1525,l' incarico fu affidato al genero Giovanni Francesco Di Palma detto anche esso il Mormando che rispettò il progetto originario del suocero.




Chiesa dei Santi Severino e Sossio. 



La caduta degli Aragonesi fece interrompere i lavori che ripresero. grazie alla donazione di una famiglia nobiliare napoletana, i Troiano Mormile di cui all' interno della chiesa ci sono le cappelle . Nel 1561 Sigismondo Di Giovanni ebbe l' incarico di costruire la cupola e dal 1566 Schepers affrescò la cupola. Nel 1571 fu consacrata la chiesa superiore, già era infatti esistente una chiesa inferiore più antica. Nel 1614 i monaci erano diventati ben 150 e come si vede dalla pianta Stopendaal del 1657 il complesso si era molto ingrandito. Nel 1688 la città di Napoli fu colpita da un violento terremoto che provocò gravi danni alla chiesa oltre a questa scossa ce ne fu un'altra nel 1732  che procurò la caduta della volta e la conseguente perdita degli affreschi eseguiti da Belisario Corenzio. Tra il 1738 e il 1746 Francesco De Mura eseguí dei nuovi affreschi della volta con scene della vita di San Benedetto. 


Pianta di Stopendaal del 1657 




Affreschi della volta della chiesa dei Santi Severino e Sossio 



Le vicende storiche del 1799 si ripercossero sul monastero dato che l' esercito dei Sanfedisti occupò e saccheggiò il monastero. Nel 1860 I benedettini lasciarono definitivamente il convento. 


Cupola della Chiesa dei Santi Severino e Sossio 



Interno chiesa dei Santi Severino e Sossio 




Affresco di belisario Corenzio nella Sala Filangieri 



Sala Filangieri 




Come già detto in precedenza all' interno del monastero, in quello che un tempo era il refettorio, si trova un grande affresco di Belisario Corenzio, eseguito negli anni 30 del 600, sulla parete di fronte all' ingresso. L' affresco, portato  su supporto di tela dopo un recente restauro, è diviso in due parti, nella prima, abbiamo moltiplicazione del pani e dei pesci, mentre nella nella seconda abbiamo San Benedetto che distribuisce il pane agli ordini benedettini sia maschili che femminili. Alla destra di chi guarda l'affresco si notano tre benedettine di cui una con la corona regale che potrebbe essere Santa Gertrude mentre le altre due potrebbero essere la badessa dei vicini conventi di Monteverginelle e quella di San Gregorio Armeno. 


Turista Curiosa 



Nicola Spinosa, Aldo Pinto Adriana Valerio, San Gregorio Armeno, storia, architettura, arte e tradizione, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli 2013.


Maria Raffaella Pessolano, Il convento dei Santi Severino e Sossio, un insediamento monastico nella storia della città, Editoriale Scientifica S.r.l, Napoli 1978.



Jole Mazzoleni, Il monastero dei S.S Severino e Sossio, L` Arte Tipografica, Napoli 1964.


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